Perché l'attività di osservatorio sulle partizioni territoriali
(Fiorenzo Ferlaino)
1. un difficile passaggio: dalla decentralizzazione alla sussidiarietà

Il processo di unificazione europeo sta modificando i tradizionali ruoli dello Stato e con esso, a cascata, anche i ruoli degli enti locali. Diverse nazioni europee sono impegnate a rivedere e riorganizzare la macchina amministrativa e i rapporti interistituzionali tra gli enti territoriali. L'Italia vive un momento particolarmente interessante che la vede proiettata verso forme di decentramento crescenti. E' una sfida che implica una riorganizzazione amministrativa che tenga conto sia dei vincoli economici che il debito pubblico impone sia della necessità di forme di governance complesse. La riorganizzazione in atto è cioè segnata da forze concorrenti e complementari che legano le necessità di ottimizzare le risorse disponibili alla nuova riarticolazione e rifunzionalizzazione amministrativa, che si articolano sia in termini spaziali (si parla di ambiti ottimali di intervento delle politiche locali) che in termini funzionali (si parla di livelli ottimali si esercizio delle funzioni degli enti).
Le riforme istituzionali in atto cercano di dare risposta a queste esigenze entro un quadro di stabilità e operatività di difficile strutturazione, come evidenzia il lungo processo legislativo. Tale processo parte dalla L. 142 del 90, relativa alla riorganizzazione degli enti locali, continua con la legge n. 59/1997 (che segna un cambiamento fondamentale rispetto alle precedenti politiche di decentramento compiute nel 1972 e nel 1977 e alle leggi-delega del 1970 e del 1975), quindi prosegue con le riforme costituzionali del titolo V della Costituzione e con le nuove proposte di riorganizzazione degli enti locali.
La lunghezza del processo è dovuta certamente al fatto che esso agisce in contesto istituzionale "a risorse limitate", ma anche al fatto che esso modifica procedere e comportamenti consolidati, smuove interessi e attori definiti e, soprattutto, perchè implica una modificazione profonda della cultura e dei fondamenti amministrativi: si passa dal paradigma della decentralizzazione a quello della sussidiarietà. Il tutto, chiaramente, viene svolto in nome del "decentramento" amministrativo e funzionale. In verità dietro questo termine si celano due istanze molto diverse tra loro: la decentralizzazione di funzioni statali a livello periferico (regionale o provinciale); la riappropriazione della periferia di funzioni locali al livello di scala più vicino al cittadino. La sussidiarietà è il vero principio innovativo che la costituzione del processo di unificazione europea ha dispiegato e che rivoluziona i rapporti globale/locale, nazione/enti periferici, che la rivoluzione napoleonica e le successive riforme nazionali avevano dispiegato in Europa.
La sussidiarietà è da intendersi quale conferimento della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative al livello istituzionale più idoneo e vicino ai cittadini. Essa è un principio generale e ispiratore delle nuove prassi amministrative che implica un passaggio storico ed epocale dal modello "top down" ad uno "bottom up" e che si definisce e si delinea attraverso una moltitudine di principi regolativi quali quello di completezza (per il quale sono da attribuire alle regioni i compiti e le funzioni non altrimenti assegnati ad altri enti), quello di efficienza ed economicità (che indirizza verso la soppressione delle funzioni inutili e superflue), il principio di cooperazione tra Stato, Regioni ed Enti locali (anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative adottate nell'ambito dell'Unione Europea), di adeguatezza, (che stabilisce una relazione tra la delega della funzione e la capacità dell'amministrazione ricevente a garantire il suo effettivo esercizio), il principio della ricomposizione unitaria delle funzioni omogenee in capo ad un medesimo livello istituzionale; quello di differenziazione (che definisce l'organizzazione degli enti destinatari delle funzioni in relazione alle diverse caratteristiche territoriali, orografiche, demografiche e sociali degli stessi), di responsabilità e unicità amministrativa (che impone ad un unico soggetto ben identificabile la gestione della specifica funzione e dei compiti connessi), il principio di copertura finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle funzioni conferite, il principio di autonomia organizzativa e regolamentare e di responsabilità degli enti locali nell'esercizio delle funzioni e dei compiti ad esse conferiti.

Per consentire l'applicazione di questi principi il legislatore ha previsto alcune azioni e modalità metodologiche atte a mettere ordine o, quantomeno, a tendere verso una soluzione concordata del perenne dilemma esistente in ambito amministrativo tra il 'modello della separazione' e quello della 'condivisione'. Si tenga conto che il passaggio dal modello post-napoleonico a quello della sussidiarietà è anche, almeno per moltissimi aspetti, un passaggio dal modello della separazione a quello della condivisione, e questo complessifica ancora di più il processo. Come è noto, il modello della separazione consiste nel suddividere le competenze amministrative in maniera che ogni livello di governo abbia una sfera d'azione che è possibile identificare in modo univoco. E' chiaro che questo modello tende a prefigurare un'organizzazione amministrativa composta da differenti e autonomi enti, che svolgono un'unica funzione, senza interferenze tra loro e tra un livello di governo e l'altro. La struttura sottostante è quella dell'albero gerarchico, una forma particolare di rete decisionale i cui nodi autonomi dipendono da nodi di livello superiore e che è estremamente efficiente ed economica in quanto non prevede ricorsività e cortocircuitazioni.
Il modello della condivisione, al contrario, tende a privilegiare l'efficacia delle politiche, che però possono essere svolte contemporaneamente da diversi livelli di governo, anche se con modalità e compiti differenti in relazione alle azioni amministrative di programmazione, controllo, valutazione, gestione della 'cosa' amministrativa. E' un modello che quindi presuppone una cooperazione tra le diverse sfere interessate, che tendono insieme verso un comune obiettivo da perseguire.
Tali 'idealtipi' sono, chiaramente, difficilmente riproducibili nella pratica amministrativa, che consta di modelli misti in relazione alle diverse materie, tradizioni istituzionali e competenze. Ciò evidenzia, tuttavia, la necessità empirica del modello della condivisione, estremamente più flessibile, efficace e robusto anche se meno economico ed efficiente del primo. Il passaggio da un tradizionale government di tipo top-down a forme di governance democratica basate sull'apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza delle azioni amministrative non è ancora finito ma le linee di intervento sono oramai ben tracciate e il decentramento attuato attraverso due vie parallele:
un processo di delega di primo livello attraverso cui lo Stato conferisce funzioni alle Regioni e agli Enti Locali per mezzo di un ridisegno organico delle stesse;
un processo di delega di livello più basso attraverso cui sono le Regioni a conferire agli Enti Locali tutte le funzioni che non richiedono l'unitario esercizio al livello regionale.
Tutto ciò in gran parte è stato attuato anche attraverso la razionalizzazione e l'ordinamento dei Ministeri, il riordino degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi, il riordino e il potenziamento dei meccanismi e gli strumenti di monitoraggio, di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, il riordino e la razionalizzazione di alcuni settori specifici (dall'agricoltura e pesca al trasporto pubblico locale, dal lavoro all'istruzione, ecc.) e soprattutto attraverso il riordino delle competenze dei diversi livelli di governo (Comuni, Province, Regioni, Stato) che trova nelle sentenze della Corte Costituzionale il punto di snodo più significativo.

2. La frammentazione amministrativa: un problema aperto

Il fenomeno della frammentazione dei piccoli comuni è fortemente intrecciato a questo complesso meccanismo di rifunzionalizzazione e riarticolazione territoriale delle unità amministrative e interessa, per motivi orografici e morfologici, l'insieme delle regioni alpine ma in Piemonte la presenza di un elevatissimo numero di comuni con scarsa popolazione è un derivato storico dovuto all'adesione al modello di ordinamento comunale della Francia post-rivoluzionaria.
Come si sà il modello della frammentazione comunale ha un derivato storico nell'organizzazione preindustriale del villaggio rurale che ha poi trovato nella Francia post-rivoluzionaria e napoleonica un valido alleato politico. Questo modello presupponeva la frammentazione spinta delle realtà locali, al punto di rafforzarne l'identità ma, nel contempo, di eliminarne la massa critica utile all'organizzazione di forme, pericolose e destrutturanti, di conflitto sociale. Parallelamente la nascita dei Dipartimenti (sul fronte italiano delle Province), quali entità territoriali intorno ad un centro di maggiori dimensione ove risiedeva, e tuttora risiede, l'organo decentralizzato del governo centrale, la Prefettura, metteva in atto il controllo del potere centrale sulla periferia. La dimensione territoriale del dipartimento (non diversamente da quella provinciale) è basata sulla presenza di un centro amministrativo e di gravitazione importante e sul suo controllo (è anche luogo anche della "gendarmerie") e dell'area circostante. L'area di gravitazione è definita dal percorso di andata e ritorno in giornata della forza pubblica, dalla sede di controllo ad uno qualunque dei comuni dell'area di attinenza. In questo caso l'ente locale è un ente decentralizzato, gestore di funzioni delegate di controllo di uno spazio di prossimità definito.
La prossimità ha cioè una doppia valenza: esiste la prossimità amministrativa e del controllo territoriale, del government del livello più vicino al cittadino, definita dallo spazio di "intervento" funzionale (sempre entro la fatidica, quanto necessaria e antropocentrica, giornata di mobilità), nonché la prossimità sociale, della governance, definita dallo spazio della mobilità giornaliera casa-lavoro (e casa-studio).
La prima definiva (e definisce tutt'ora) lo spazio dipartimentale e provinciale, la seconda lo spazio comunale. Sono due forme di prossimità tuttavia non più "ben definite" nell'era industriale e, soprattutto, in quella post-industriale, in cui la rivoluzione delle reti di comunicazione appare destrutturare fortemente i loro caratteri fondativi. Così se la prossimità di intervento funzionale passa in Piemonte, anche se in tempi piuttosto ampi, dalle 4 (Alessandria, Cuneo, Novara e Torino) alle 8 Province attuali, quella socioeconomica passa, negli ultimi decenni del secondo dopoguerra, dai circa i 1206 attuali comuni amministrativi (nel 1861 erano 1428) agli 87 sistemi locali del lavoro (s.l.l.) nel censimento del 1981, ai 50 s.l.l. del '91, ai 37 bacini di gravitazione del 2001.
I Comuni restano ma i confini della prossimità sociale, della governance, fuoriescono da essi dilatando il territorio dei reticoli, dei flussi giornalieri della mobilità; la frammentazione e le strutture dell'organizzazione della antica mobilità agricola (fatta a piedi e non in automobile) restano e creano paradossi amministrativi, soprattutto in una fase di decentramento delle funzioni, sia centrali che periferiche. Il paradosso consiste nel fatto che l'importanza attribuita, col decentramento, agli enti locali di base, i comuni, si scontra con l'impossibilità di buona parte degli stessi di gestire le nuove funzioni delegate, in quanto troppo piccoli e frammentati e, conseguentemente, anche con scarse risorse disponibili. Il decreto legislativo n.112 tenta di risolvere questo problema prevedendo, nell'art. 3 comma 2, l'individuazione di 'livelli ottimali di esercizio' tanto più necessari quanto maggiore è la frammentazione comunale. La legge 142/90 e la successiva legge 265 del 1999 attraverso lo strumento della "fusione" e soprattutto dell'"unione" dei comuni hanno tentato di rispondere al problema. Il riconoscimento legislativo delle Comunità montane come Enti locali e Unioni di comuni è un altro tentativo di risposta. La creazione, in Piemonte, delle Comunità collinari (con la Legge regionale 44 del 2000) è un ulteriore tentativo.
Gli strumenti utilizzati sono essenzialmente basati su incentivi economici. Le altre forme (sia quelle puramente volontaristiche che coercitive) non hanno funzionato: la riforma amministrativa del 1865, che attribuì al governo la facoltà di aggregare i comuni con meno di 1500 abitanti, portò alla soppressione di soli 19 comuni, tra il 1865 e il 1889, mentre la più recente riforma dovuta alla legge 142 del 1990 ha finora soppresso tre soli comuni. Diverso ma altrettanto fallimentare il caso della coazione fascista che tra il 1927 e 1929 ha soppresso 437 comuni con un clamoroso contraccolpo nel dopoguerra che ha visto la ricostituzione di oltre 200 di essi. Positivo invece è stato lo strumento del consorzio, attraverso cui si sono gestite funzioni e servizi in ambiti territoriali allargati.
Nel corso del tempo tuttavia quest'ultimo strumento ha manifestato alcuni elementi di criticità: la messa in atto di molteplici forme di consorzio ha infatti finito per costituire un carico aggiuntivo all'amministrazione piuttosto che una modalità risolutiva delle sue esigenze. Inoltre si è verificato, col passare del tempo, un distacco funzionale tra i consorzi e i comuni consorziati che ha aperto conflitti e aumentato i costi e il carico gestionale e amministrativo. Sono motivi che hanno reso obsoleto il modello tradizionale dei consorzi e spinto il legislatore verso un modello aziendalistico e di mercato della gestione funzionale associata all'implementazione dello strumento dell'unione, quale processo volontario e agevolato per la riorganizzazione di base.

3. gli atlanti come ipertesti aperti della geografia amministrativa regionale

Molti strumenti (Osservatori, Agenzie) sono stati messi in atto sul decentramento, per osservare e monitorare le funzioni trasferite, sopprimere le funzioni dismesse, spostare in ambito privato alcune funzioni che sembrano essere meglio svolte e gestite entro tale spazio, attribuire nuove risorse. La Regione Piemonte ha da tempo costituito l'Osservatorio della Riforma Amministrativa dalla Regione Piemonte (http://www.regione.piemonte.it/oss_riforma/) con cui, peraltro, l'Attività di osservatorio sulle Partizioni dell'IRES ha collaborato.
L'Attività di osservatorio sulle Partizioni dell'IRES (da distinguere dagli Osservatori IRES in quanto non strutturata) si svolge oramai da due decenni, anche se in modo discontinuo e in relazione alle risorse disponibili. Essa ha come obiettivo sia il mantenimento della memoria geo-amministrativa che l'implementazione di idee e di analisi che possono accompagnare e aiutare il processo di delega e di riorganizzazione territoriale.
L'aspetto territoriale e preminente e pertanto il corpo dell'attività è costituito da 3 Atlanti geo-amministrativi che nel tempo sono stati elaborati e che documentano il difficile passaggio in atto, sia in ambito regionale che transfrontaliero. Uno spazio è anche dedicato alle analisi, che si raccolgono in una breve bibliografia relativa a quanto è stato fatto dall'IRES in ambito strettamente territoriale e in relazione alle modificazioni funzionali delle partizioni amministrative. I lavori presentati non documentano la ricca elaborazione sulle partizioni dell'IRES ma solo quella inerenti l'attività di osservatorio (e che pertanto non si trovano nelle altre pubblicazioni dell'IRES). I file sono ordinati per "data" di elaborazione e contengono analisi e riflessioni nonché lavori condotti in supporto alle decisioni ed elaborazioni della Regione Piemonte. Si parte dalle analisi pionieristiche sull'istituzione dei distretti industriali in Piemonte (del 1993) per passare allo studio delle Aree metropolitane, all'individuazione di una proposta inerente i livelli ottimali per la gestione dei servizi comunali, al contributo per la definizione dei nuovi bacini provinciale per l'impiego, all'analisi socioeconomica e territoriale per l'istituzione di un "nuovo" comune, ai vari contributi di geografia amministrativa orientati alla riforma amministrativa.
Gli obiettivi che si sono intesi raggiungere sono quelli di fornire gli elementi conoscitivi che danno ragione del territorio in termini socioeconomici, nonché esplicitare le "cristallizzazioni" istituzionali che la storia amministrativa ha definito sul territorio, fornire una sorta di mappa legislativa del territorio, fornire alcune "coordinate" necessarie alla pianificazione di area vasta; evidenziare la ridondanza di molte partizione per addivenire ad una semplificazione delle stesse ai fini delle politiche regionali e comunitarie; definire strumenti di ausilio alle decisioni degli Enti locali.

Le partizioni, le reti e i sottoinsiemi territoriali esistenti sono classificati negli atlanti entro tematismi organizzati per settori omogenei che rispondono a logiche funzionali e circoscrivono sfere di competenza differenziate che vanno dall'ambiente e agricoltura, all'economia, all'assistenza ecc.. Le sfere tematiche sono: le caratteristiche morfologiche e agricoltura, le funzioni economiche, la struttura socio economica e amministrativa, i servizi la formazione, cultura e istruzione, la gestione del territorio, le risorse territoriali e ambientali, la difesa, sicurezza e giustizia, la contabilità e finanza, le reti, ecc.. L'organizzazione dei tematismi dipende dall'atlante considerato. Ogni sfera tematica raccoglie più partizioni o sottoinsiemi territoriali. Così, ad esempio, sotto il tematismo relativo alle 'Caratteristiche morfologiche e agricolturà compaiono nell'Atlante del 1999: le altimetrie e le Zone Agrarie definite dall'ISTAT, la classificazione del territorio regionale in Montagna, Collina, Collina depressa e Pianura, le Comunità Montane.
Di ogni partizione, rete o sottoinsieme è possibile avere la carta a scala regionale, la metodologia attraverso cui la partizione, il sottoinsieme o la rete connettiva è stata definita, l'organizzazione funzionale che sottende la partizione, i maggiori nodi problematici che si trovano ad affrontare, i riferimenti legislativi che hanno dato luogo alla partizione e in cui si definiscono obiettivi e struttura degli organismi competenti, l'elenco dei comuni e la suddivisione/classificazione degli stessi, ovvero le diverse appartenenze agli elementi di base di una partizione, rete o sottoinsieme.
Il "paesaggio istituzionale" è infine arricchito dalla presenza di alcuni indicatori sintetici quantitativi, forniti a livello comunale, che servono a tracciare un breve profilo statistico del comune medesimo e a rendere più comprensibile le relazioni che esistono tra le "appartenenze" funzionali e la struttura del territorio preso in esame.
L'auspicio è che questo ulteriore strumento che l'IRES mette a disposizione della comunità possa essere utile e portare nuova conoscenza, pertanto...buon viaggio negli ipertesti degli Atlanti e buona lettura.